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psicologo avezzano
Dott.ssa Maria Libera Tanese
Psicologa - Psicoterapeuta
Mamma, ho paura!
Una paura per ogni età
Che cos’è la paura? Si tratta di un’emozione primaria (con la gioia, la collera, il disgusto e la sorpresa), iscritta nel patrimonio genetico dell’uomo e in quello di molti altri esseri viventi. Svolge primariamente la funzione di garantire la sopravvivenza, costituendo una preparazione psicologica ed intellettuale necessaria ad affrontare una situazione pericolosa. La paura, infatti, attiva un meccanismo fisiologico di “attacco-fuga”, che è il nostro programma genetico di comportamento di fronte al pericolo. In queste circostanze: il cuore accelera la sua attività, fornendo più sangue al cervello e ai muscoli; la respirazione diventa più rapida e profonda, procurando più ossigeno a tutto il corpo; la sudorazione aumenta, rinfrescando il corpo e rendendolo scivoloso e quindi più difficile da afferrare; molti muscoli si tendono con forza, preparandosi a un’azione rapida e vigorosa; aumentano la vigilanza e l’attenzione. In altre parole, mettiamo in atto una serie di modificazioni fisiche che sono funzionali ad affrontare la minaccia, tramite l’eliminazione diretta del pericolo (attacco) o tramite l’allontanamento (fuga). Questa emozione intensa, dunque, fornisce la motivazione necessaria alla mobilitazione delle energie.
Essendo innata, la paura appartiene anche ai bambini. Questi ultimi provano molte paure perché non sono autonomi, si sentono indifesi e conoscono ancora poco del mondo che li circonda. Le paure infantili sono transitorie e legate alla realtà che il bambino va scoprendo; sono paure fisiologiche, cioè assolutamente normali, che hanno una preziosa funzione protettiva: aiutare il bambino a sviluppare la capacità di reagire e la vigilanza.
A volte tali paure sono nascoste e si devono interpretare attraverso segni quali:
- problemi del comportamento sfinterico (es., pipì a letto) o alimentare;
- mancanza di curiosità o passività;
- impazienza ed irritabilità;
- eccessivo attaccamento alle figure adulte.
Le paure dei bambini possono essere divise in tre categorie: le paure innate, presenti alla nascita; le paure legate alla crescita che appaiono a diverse età; le paure apprese in seguito ad eventi traumatici o indotte dall’ambiente di vita.
PAURE INNATE
Rumori improvvisi, flash luminosi, movimenti rapidi, perdita dell’appoggio sono gli stimoli che spaventano i più piccoli. Sono paure innate che rientrano nella più vasta categoria dell’ignoto, dell’imprevisto, del non familiare: timori che nella loro forma originaria sono utili alla sopravvivenza. Un neonato di due o tre mesi, che incomincia a distinguere il volto di sua madre, può spaventarsi se questa gli si avvicina indossando un paio di occhiali scuri. È pur vero tuttavia che l’attitudine dei genitori e le abitudini possono mitigare le paure innate. Prendiamo la paura di cadere all’indietro: i neonati sussultano e piangono se si sentono senza appoggio. Se però una madre affettuosa lascia, per gioco, il suo piccolo senza sostegno per qualche frazione di secondo, questi non reagisce necessariamente con le lacrime e dopo un attimo di sconcerto si mette a sorridere. La stessa cosa per i rumori forti: un bambino si allarma meno se ode un rumore forte mentre è tra le braccia della mamma e lei gli sorride.
PAURE LEGATE ALLA CRESCITA
Alle paure innate fanno seguito le paure legate alla crescita. Già nel secondo semestre di vita compaiono due paure nuove: quella degli sconosciuti e l’angoscia di separazione, relative alla perdita dello stretto rapporto con la mamma. Intorno agli 8 mesi, infatti, si manifesta la PAURA DELL’ESTRANEO. Tale emozione è collegata ad una nuova capacità: quella di riconoscere una persona estranea rispetto ad una familiare. Un istinto autoprotettivo spinge il bambino ad un’iniziale diffidenza rispetto all’estraneo che non sa qualificare ancora come buono o cattivo. Nel notare questo comportamento c’è chi teme che il proprio bambino stia diventando meno socievole e più “appiccicoso”, ma non si tratta di una regressione bensì di una crisi di crescita. Queste nuove paure sono indicative dello sviluppo mentale del bambino: ora può cogliere differenze che prima non notava. In più si sta formando in lui un forte legame di attaccamento verso le sue figure protettive.
Un’ulteriore paura legata alla crescita è l’ANGOSCIA DI SEPARAZIONE. L’indipendenza e l’autonomia passano attraverso inevitabili e progressive separazioni: dall’unità con la mamma alla permanenza all’asilo, all’ingresso a scuola e così via. Nella forma primaria questa paura si manifesta tra il 12° ed il 18° mese di vita: in questa fase, infatti, il bambino inizia a gattonare, più tardi comincia a camminare e a correre. Le paure legate alla separazione, inoltre, si ripresenteranno più volte nel corso dello sviluppo, specialmente nelle fasi di transizione, come l’ingresso al nido o a scuola, l’addormentarsi da solo nella propria cameretta, ecc.
La PAURA DEGLI ANIMALI è un’altra paura che compare nel corso dello sviluppo: tra uno e tre anni i bambini incominciano ad avventurarsi fuori dai propri limiti abituali e non tutti gli incontri che faranno sono rassicuranti. In questa paura si possono ravvisare tre paure innate: movimenti improvvisi, approccio estraneo, rumori forti. I cani rispondono in pieno a queste tre condizioni. Trattandosi di una paura normale per l’età non è necessario fare pressioni particolari per contrastarla. Osservando le reazioni degli altri e abituandosi alla presenza dell’animale in condizioni pacifiche, la maggior parte dei bambini la supera naturalmente questa paura, a meno che non vengano aggrediti o non vivano qualche esperienza sgradevole.
Tra i due e i sei anni compare la PAURA DEL BUIO. A livello simbolico il buio ha un significato molto forte, in quanto rappresenta tutto quello che non possiamo controllare attraverso i nostri sensi e che, quindi, si potrebbe rivelare un potenziale pericolo. I neonati non hanno paura del buio perché alla luce si devono ancora abituare. Quando però dopo i due anni si svegliano nel cuore della notte, dopo un brutto sogno, e si trovano senza quei punti di riferimento che hanno di giorno, potrebbero incominciare ad avere paura del “nero” della notte. Un’ombra, uno scricchiolio, dei passi nel corridoio allarmano molto di più al buio che alla luce. La realtà, spesso, spaventa il bimbo ma anche le creature immaginarie, mostri di ogni sorta e oggetti misteriosi e parlanti popolano le sue più profonde inquietudini. Per il bambino, ogni oggetto è vivo: se, per esempio, inciampa e finisce contro un tavolo, è questo ad avergli fatto male. La capacità di fantasticare, e il pensiero magico e animistico, quello per cui ogni cosa (come il tavolo) ha una sua vita, è infatti tipico della prima infanzia. Questo spiega perché dietro una tenda che si muove, si possa nascondere uno spettro terrificante.
Man mano che crescono, i bambini si confrontano con aspetti della realtà che prima non prendevano in considerazione: commenti sgradevoli, litigi degli adulti, malattie, scene impressionanti sugli schermi, l’attesa della punizione per qualche capriccio e quindi anche la sensazione che qualcosa di spiacevole stia per accadere, possono dar luogo ad allarmi e paure, che originano dal mondo interiore più che dalle realtà della vita e che possono trovare nel buio una collocazione.
Durante la fanciullezza (6-12 anni) alcune paure degli anni precedenti possono essere padroneggiate perché ora il bambino ha maggiori competenze e sa come reagire. Diminuisce il timore dei rumori forti e dei flash luminosi, del buio, dei mostri, delle streghe. Ma proprio perché ora ha una maturità diversa, può cogliere altre minacce come quella dei ladri e dei rapitori, dei danni fisici, delle malattie, del sangue, delle iniezioni, della morte e dell’abbandono. Fanno la loro comparsa i timori legati al proprio stato sociale (per esempio, come scolaro) e alle interazioni con gli altri: esami, litigi, sopraffazioni, nonché la paura di essere rifiutato dai compagni. Può diminuire la paura degli animali domestici ma può comparire quella degli insetti. Può sembrare strano che un ragazzino capace di giocare in tutta tranquillità con un grosso cane possa poi avere paura di una cavalletta o di uno scarafaggio. Ma c’è una spiegazione: la PAURA DEGLI INSETTI, così come degli animali esotici, è spesso associata alla paura dell’ignoto, di ciò che non si conosce e non si padroneggia.
Molte delle paure tra zero e dodici anni, così come talune tipiche regressioni a stadi precedenti dello sviluppo, si spiegano con la condizione di instabilità che contraddistingue tutta l’età evolutiva. A differenza degli adulti che sono ormai stabilizzati nel loro ruolo di adulti e hanno dei riferimenti precisi e dei comportamenti definiti, i modelli di comportamento dei bambini sono in continua evoluzione. Una persona che ha fiducia in se stessa reagisce ai pericoli mobilitando le proprie risorse; ma un bambino, che non ha ancora una sufficiente fiducia in se stesso ed è dipendente dagli altri, può trovarsi paralizzato in una situazione minacciosa che non è in grado di gestire. Dopo un forte spavento o di fronte a situazioni angoscianti che si protraggono nel tempo, è normale che i bambini regrediscano temporaneamente a comportamenti tipici di uno stadio precedente del loro sviluppo e se ciò avviene è perché in quello stadio si sentivano più protetti e sicuri.
Gli adolescenti superano generalmente le paure degli anni precedenti grazie ad una diversa e più complessa visione del mondo. Ciò però non significa che non abbiano delle paure, sia pure variabili da individuo a individuo e per grado di intensità. Tipiche di questo periodo sono le vertigini, una serie di paure legate al corpo come quella di arrossire, di avere qualche anomalia fisica e vari timori legati alla sfera sociale e sessuale come: brutte figure, critiche, insuccessi, esami, essere ignorati o rifiutati. Il dolore, la morte, i danni fisici, le deformità e la bruttezza sono altre paure frequenti tra gli adolescenti, così come la paura di perdere il controllo delle proprie azioni e di parlare in pubblico.
PAURE APPRESE
L’ultima categoria include le paure apprese. Alcune paure hanno origine da esperienze traumatiche (malattie, incidenti, morte di un congiunto). I genitori non possono impedire che certi eventi si verifichino, possono però cercare di rassicurare i bambini nei momenti difficili. Alcuni incidenti minori possono anch’essi provocare paura. Per esempio, un bambino che si diverte nell’acqua della vasca da bagno può, se l’acqua è troppo calda o se il sapone gli finisce negli occhi, sviluppare una paura per l’acqua oppure per la vasca da bagno.
Poi ci sono le paure sociali, cioè quei timori condizionati dall’educazione e quindi frutto della relazione con i genitori e con gli educatori. Possono essere collegate:
- ad un atteggiamento di disinteresse da parte degli adulti, che crea nei bambini sensazioni di solitudine e vuoto emotivo;
- ad un atteggiamento educativo permissivo, che il bambino può vivere come un’indifferenza da parte dei genitori;
- ad uno stile educativo basato su minacce e punizioni, con particolare ricorso alla minaccia di non voler più bene;
- ad un’aspettativa esagerata sul piano intellettivo che può lasciare inappagate le esigenze affettive del bambino;
- ad uno stile educativo iperprotettivo che non riconosce autonomia al bambino, lo rende dipendente e ne limita lo sviluppo.
Tra le paure apprese vi sono quelle acquisite attraverso la trasmissione di informazioni minacciose, cioè che insorgono quando si sente o si legge che uno stimolo o una situazione potrebbe essere pericoloso o avere una connotazione negativa. L’intero sviluppo è caratterizzato dalla trasmissione quasi incessante di informazioni, condotta prima dai genitori, poi dai coetanei e dai mass media. I media rappresentano un modo notevole attraverso il quale i bambini potrebbero essere esposti ad informazioni di minaccia. Tuttavia, gli effetti non sono interamente attribuibili alle informazioni di fornite dai media, infatti, esistono altri fattori che promuovono reazioni di paura sui bambini: per esempio, tratti ansiosi del bambino, dell’ambiente domestico e dello stile educativo adottato dai genitori sembrano amplificare l’effetto di informazioni minacciose apprese.
Per spiegare come si apprende la paura, potremmo parlare di un meccanismo di apprendimento per associazioni, cioè un processo durante il quale gli individui formano un’associazione nella memoria in base alla quale un certo stimolo neutro è in grado di prevedere il verificarsi di un esito negativo. Vale anche la pena ricordare che questi stimoli ed i risultati non devono essere reali, in quanto l’apprendimento associativo è in grado di operare su rappresentazioni mentali. Un semplice esempio potrebbe chiarire meglio il concetto: un bambino vede un cane al parco e la madre dice: “Resta vicino a me, quel cane potrebbe mordere”. Le informazioni fornite dalla madre evocano una rappresentazione di minaccia, senza che ci siano stati concreti segni di minaccia da parte dell’animale. È quindi plausibile che esposizioni successive a tale animale, evochino con maggiore probabilità, rappresentazioni negative e minacciose, quindi, paura.
Dott.ssa Maria Libera Tanese