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psicologo avezzano
Dott.ssa Maria Libera Tanese
Psicologa - Psicoterapeuta
Ascoltare e capire
le voci
In Italia oltre due milioni di persone soffrono di allucinazioni uditive; nel mondo se ne contano oltre 140 milioni, senza includere i casi latenti. Sembra essere quindi una esperienza così comune, eppure non se ne parla molto. Fin dal Medioevo è documentata l’esistenza di persone che udivano la voce della divinità e riferivano questi messaggi alle autorità, al Papa, al Re. Tutt’ora, in particolare in molte tribù aborigene dell’Africa, chi ode le voci diventa una specie di guru, uno sciamano, una persona importante all’interno del villaggio. Nella nostra civiltà, invece, l’esperienza delle voci non viene incoraggiata, ma condannata. Molti addirittura hanno passato la loro vita in un manicomio per questo!
L’allucinazione è una sorta di disfunzione della capacità percettiva. Normalmente, la percezione è la funzione psicologica che, grazie agli organi di senso, ci permette di ricevere ed interpretare le informazioni provenienti dal mondo esterno. Talvolta, la capacità percettiva può “ammalarsi” e quindi portare ad un fenomeno definito allucinazione, quindi la persona sente o vede o percepisce qualcosa che in realtà non c’è.
Tra le allucinazioni, quelle uditive a contenuto verbale (le cosiddette “voci”) si verificano nel 70% delle persone con diagnosi di Schizofrenia. La Schizofrenia, troppo spesso definita semplicisticamente come “pazzia” e quasi mai considerata come una reale sofferenza, è una malattia eterogenea con manifestazioni cliniche multiformi, riscontrata in ogni epoca e cultura, con un tasso di prevalenza che attualmente varia tra l’0,6% e lo 0,8%. L’etimologia greca del termine schizofrenia significa “scissione della mente” (schizo-phrenos), il che dice già qualcosa sul significato del disturbo. Secondo il DSM IV - TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), è una malattia cronica, più o meno debilitante, caratterizzata da perturbazioni nella cognizione, negli affetti e nel comportamento, che si presentano in forme bizzarre.
Le cosiddette voci possono venire da ovunque (dall’aria, da Dio o dagli angeli, dalla tv o dalla radio, talvolta sono dispositivi collocati nei muri, nei vestiti o in alcune parti del corpo). Possono essere voci maschili o femminili, il soggetto potrebbe non essere in grado di riconoscere a chi appartengono (quindi sono voci straniere) oppure potrebbe riconoscere la voce di un parente defunto. Inoltre, le voci posso essere non solo negative (cattive, punitive, accusatorie), ma anche positive, come quei casi che non sono segnalati allo psichiatra, perché esse assumono la funzione di “guida” o “compagnia”. Indipendentemente dalla caratteristiche delle voci, queste divengono problematiche quando impegnano tutta l’attenzione del soggetto, scompensando il suo comportamento e la sua vita.
L’approccio terapeutico classico prevede l’intervento psichiatrico attraverso la somministrazione di farmaci, neurolettici o antipsicotici. Tuttavia, non tutti i soggetti rispondono positivamente ai farmaci, alcuni infatti (nonostante la cura) continuano a sentire voci. Quindi, soprattutto quando le voci sono offensive e fastidiose, piuttosto che estinguerle o metterle a tacere, andrebbero comprese in base alla storia dell’individuo che le percepisce.
Sulla base di tale premessa, è nato in Gran Bretagna un nuovo tipo di intervento che si discosta dalla psichiatria e prevede una comprensione attenta delle voci, volta all’integrazione dell’esperienza allucinatoria nella vita del soggetto. Questo intervento è stato promosso da Ron Coleman, un uomo che ha passato tredici anni all’interno del sistema psichiatrico britannico con una diagnosi di Schizofrenia. Sulla base della sua esperienza di malattia ha sviluppato un approccio alla malattia mentale, fondato sul dialogo con le voci, finalizzato a riprendere il controllo e a recuperare il potere sulla propria vita. Da tempo promuove le esperienze dei gruppi di auto-aiuto e la collaborazione tra operatori e utenti per costruire insieme percorsi verso una migliore salute mentale.
Secondo l’esperienza di Coleman, quando un soggetto fa esperienza delle voci per la prima volta, succede che esse assumono il potere di controllare la sua vita, tanto da interferire notevolmente con la sua sfera relazionale e spesso si finisce per rimanere isolati. Tuttavia c’è anche una fase in cui la persona si arrabbia con le voci e questo suo arrabbiarsi è pur sempre un modo di rapportarsi ad esse. Questo cambiamento di atteggiamento da origine ad una svolta: si passa così dall’udire le voci all’ascoltarle, rendendo il terreno fertile per l’acquisizione di strategie concrete per fronteggiarle.
Sicuramente il primo passo necessario per affrontare questa sofferenza è uscire dalla solitudine e comunicarla, per vincere il terrore che suscita un simile vissuto. Quando capita di udire le voci per la prima volta, si crede di essere gli unici a farne esperienza. Scoprire che esistono altre persone che condividono la stessa sofferenza può aiutare a guardarsi con occhi meno severi e stigmatizzanti, e a rendere il proprio vissuto in qualche modo “ordinario”. Per queste persone che si sentono sole nel loro dolore, risulta più facile trovare consolazione in qualcuno che condivida la stessa esperienza. Infatti, l’intervento preferenziale di questo approccio è il gruppo di auto-aiuto, il cui principio-base è quello di essere un supporto per l’utente che sta peggio. Per la prima volta, l’esperto non è il medico o lo psicoterapeuta, ma il soggetto che fa esperienza della malattia. Se anche non ci fossero guarigioni, all’interno del gruppo avvengono comunque numerosi miglioramenti: spesso le voci accusatorie e punitive diventano positive, e questo è un buon messaggio per tutti gli altri utenti, è un messaggio di speranza che li possa motivare a non soccombere alle voci.
La meta di questo percorso non è la guarigione, ma la comprensione di tale esperienza, il conquistare un certo controllo sulle voci, riconoscerle come parte del proprio sé e capire il messaggio che vogliono comunicare. Non è affatto un percorso semplice, è un viaggio insidioso ma anche avventuroso che migliora la conoscenza di sé e promuove la crescita personale.
Un fattore essenziale in tale percorso è il riconoscere – sempre e comunque – il proprio potere di scelta. Purtroppo, nella prima fase in cui compaiono le voci, la persona è sopraffatta da esse e non riesce ad avere un pieno controllo sulle sue azioni. Ma ci sono persone cui le voci suggeriscono ogni giorno di suicidarsi e sono ancora vive, questo perché hanno assunto un certo governo sulle voci e sono in grado di scegliere. È significativa a questo proposito la rima inglese dei due termini voci - scelte (voices - choises) per evidenziare che anche i soggetti uditori di voci non reali hanno la possibilità di fare delle scelte.
Dunque, è di fondamentale importanza ascoltare la voci per comprendere le questioni che tormentano la persona e per aiutarla a trovare nuove soluzioni ai suoi problemi e ai suoi sentimenti di impotenza. Se il soggetto sarà in grado di sbloccare il suo flusso comunicativo e di accettare l’esperienza allucinatoria come parte di sé, ci saranno grandi miglioramenti: le voci potrebbero sparire oppure ancora la persona potrà imparare a fronteggiarle e a riprendersi il controllo della propria vita.
Per approfondire la conoscenza di questo approccio innovativo all’esperienza delle voci, lascio di seguito alcuni link utili. I primi due conducono rispettivamente ai siti internet di Ron Coleman e Rufus May, entrambi divulgatori dell’approccio. Gli ultimi due link sono rispettivamente collegamenti al Portale Internazionale e al Portale Italiano degli Uditori di Voci.
Dott.ssa Maria Libera Tanese